Ricordo di Maurice Munir Cerasi

Ricordo di Maurice Munir Cerasi

Maurice Munir Cerasi nato a Istanbul nel 1932,  docente al Politecnico di Milano e poi alla Facoltà di Architettura di Genova, ha lasciato traccia di profondi e ricchi insegnamenti a chi, come me, ha avuto la fortuna di essere stato suo studente. Restio all’apparire e a cercare consensi, lontano da mentalità accademiche, è stato sempre molto generoso verso chi ha voluto seguire i suoi laboratori di progettazione, verso chi era sinceramente interessato all’architettura.

Ha trasmesso un modo di vedere lo spazio, a tutto tondo, immaginandolo sempre attraverso schizzi e disegni, in una ricerca continua e stratificata entro cui ogni assenza o presenza è significante. Ha lavorato in un unicum tra professione e ricerca universitaria, tra teoria e prassi, con un sapere rigoroso, arricchito dalle sue ascendenze ottomana, armena, giudaica e spagnola. Studioso e acuto osservatore dei meccanismi della città, ha scritto importanti saggi sull’architettura del mediterraneo orientale, a lui molto vicina, quali “La città del Levante”, “La città dalle molte culture”, a seguito di “Lo spazio collettivo della città”, prezioso riferimento per molti ricercatori  sui temi urbani.
Lontano dalla visione dell’architettura quale segno autonomo e auto referenziale,  evidenzia il ruolo connettivo  dello spazio pubblico, generatore insieme ad altri diversi fattori urbani, dell’architettura della città in stretta connessione con i cambiamenti  della qualità della vita urbana, tema quanto mai attuale nel dibattito contemporaneo.
Citando Ludovico Quaroni, Maurice non si è mai imposto quale depositario di una verità assoluta, ma ” fermo nel proporre la propria analisi, nel porgere la sua verità, problematica e sfaccettata…Cerasi preferisce all’icasticità delle argomentazioni, la loro dimostrabilità in termini urbani del discutere, del conversare. Ma le sue tesi, anche se presentate in obliquo, finiscono per convincere più a lungo dello slogan letterario o progettuale…E questo è quello che di Cerasi più ci piace.”
Martina Zappettini