Cento bambini e ragazzi genovesi sono stati coinvolti dall’Ordine degli Architetti di Genova nella seconda edizione di “Abitare il Paese”, il progetto del Consiglio Nazionale degli Architetti e della Fondazione Reggio Children – Centro Loris Malaguzzi orientato alla valorizzazione dell’architettura nelle scuole di diverso ordine e grado, volto a formare una cultura della domanda di architettura.
Che cosa fa l’architetto? Che differenza c’è tra architetto e artista? Che cos’è per te la città? Come sarà la città del futuro? Queste sono solo alcune delle domande a cui i ragazzi, lavorando come un vero team di ricerca, in dialogo con i tutors Laura Ballestrazzi, Jacopo Morando e Nicoletta Piersantelli, coordinati da Riccardo Miselli con il supporto di Daniele Salvo, hanno cercato di dare una risposta.
L’istituto Santa Dorotea di Genova Rivarolo, la scuola primaria Daneo, la Scuola Germanica e il liceo artistico Klee Barabino gli istituti coinvolti, che hanno affrontato ciascuno un diverso tema in relazione al loro rapporto con la propria città ed il territorio.
I ragazzi dell’istituto Santa Dorotea di Rivarolo hanno avuto la straordinaria possibilità di vivere un’esperienza tangibile in un frammento di spazio pubblico a ridosso del cantiere per il nuovo Ponte sul Polcevera, prefigurandone usi e scenari inclusivi e a misura di bambino concludendo il progetto prima dell’emergenza Covid-19. Negli altri casi il lockdown generale è stata l’occasione per ripensare ai progetti in corso e traguardare nuove modalità per proseguire l’esperienza, introducendo punti di vista allargati ed inclusivi di nuove condizioni e possibilità.
Sullo spazio pubblico e sui non luoghi si sono concentrati anche i colleghi più grandi del liceo artistico Barabino, arrivando ad una definizione condivisa di spazio pubblico, dopo aver scoperto che i loro luoghi del cuore, dove passano volentieri del tempo, sono tutti spazi pubblici.
Il lavoro alla scuola Daneo è iniziato con un gruppo di circa 40 bambini di classe quarta, con i maestri Flavia Allavena, Daniele Andreallo, Chiara Dogliotti, Giulia Nebbione; dopo un primo incontro, durante il quale abbiamo conversato con i bambini sul ruolo dell’architettura e dell’architetto, sul percorso casa-scuola e la vita nella loro porzione di città, è intervenuta la chiusura delle scuole e poi il lockdown.
Grazie alla collaborazione dei docenti è stato possibile continuare il lavoro con i bambini tramite gli strumenti offerti dalla didattica a distanza: gli alunni hanno rivolto il loro sguardo sullo spazio domestico, e su come questo si è trasformato a fronte della necessità di includere le attività prima svolte altrove. La particolarità del momento ha evidenziato – pur attraverso la difficoltà dello strumento di comunicazione da remoto – sensibilità e osservazioni profonde e coinvolgenti, come un divano divenuto “campo di battaglia”, prezioso spazio comodo da conquistare prima degli altri, o l’incessante ricerca di uno spazio proprio in una casa dove in ogni stanza c’è qualcuno collegato con qualcun altro chissà dove.
La Scuola Germanica, infine, ha coinvolto circa 40 bambini delle classi quinte elementari, con la collaborazione delle maestre Giulia Taccone e Daniela Dolderer. Il tema generale era legato alla percezione della città da parte di questi giovani pendolari urbani, dal momento che la scuola accoglie bambini provenienti da diversi quartieri, che vi si recano accompagnati per lo più in macchina o in moto. I ragazzi hanno affrontato il tema di cosa fa un architetto e che strumenti utilizza; hanno riconosciuto i landmark urbani su un’ortofoto e hanno poi ricostruito le mappe mentali del percorso casa-scuola per estrarne gli elementi della città e arrivare ad una definizione condivisa di città; infine hanno sviluppato visioni della città tra cento anni.
Anche in questo caso, grazie alla grande disponibilità delle insegnanti è stato possibile continuare il progetto sulla piattaforma Dad della scuola, chiedendo ai ragazzi di disegnare o costruire da casa la città del futuro e condividerla sulla piattaforma: come, ad esempio, la città di Martina, in cui sono molto verde e pochissime case; oppure la città di Nicola, suo compagno, che vede edifici e strade staccati da terra per lasciare spazio a parchi e boschi, una città in cui ci si sposterà con droni e veicoli automatici.
Nell’attesa di condividere gli esiti del progetto con i colleghi e con gli altri Ordini nazionali che hanno preso parte al progetto, nonché la pubblicazione del catalogo dell’edizione precedente, l’Ordine degli Architetti di Genova ringrazia gli istituti coinvolti, le famiglie e, soprattutto, i ragazzi per gli stimoli, le visioni e le prospettive di un futuro inclusivo e di speranza.