Dialogo nel buio (al pesto). La lettera del Presidente al Giornale dell’Architettura

Gentile direttore Luca Gibello,
 
ti scrivo in merito all’articolo “Genova dei giorni bui” pubblicato il 5 gennaio 2021 sulla vostra pagina web – sezione inchieste* – e diffuso anche tramite invio della vostra apprezzata newsletter.

E’ noto come i media influenzino la realtà che raccontano nello stesso modo in cui lo scienziato influenza l’esperimento che compie. È la ragione per cui lo scienziato è molto prudente.
 Allora ti chiedo di valutare se davvero si sia agito con la giusta prudenza giornalistica.
 
Può essere definita inchiesta la riproposizione quasi integrale di un post pubblicato dall’autore sulla propria pagina Facebook?
Pur venendo imputato all’Ordine di aver addirittura precluso il dibattito democratico (!), nessuno si è premurato di verificare la gravità sia di questa affermazione che di molti altri fatti esposti nell’articolo.
Sarebbe bastata una telefonata per verificare, perlomeno, quanto ci viene attribuito.

 
Mi preoccupa in particolare che venga diffusa una visione scorretta del sistema ordinistico. Gli ordini degli architetti p.p.c. – enti pubblici non economici ad appartenenza obbligatoria – non sono né un partito politico né sono tenuti a esprimersi su posizioni di parte e, tanto meno, a essere i garanti delle politiche amministrative di una città. Ciò significa che il dibattito sulla trasformazione della città e del territorio o sui temi dell’architettura o il rilascio di  pareri ufficiali alla pubblica amministrazione come la legge prevede, devono rifuggire – proprio a garanzia della dovuta imparzialità – i tempi e i modi dello scontro politico che altrove e altrimenti deve avere luogo.
 
A costo di perdere un po’ di quell’istantaneità di cui pare non si possa fare a meno, il consiglio del nostro ordine – composto da quindici professionisti – assume iniziative e posizioni (a maggioranza ) su base collegiale tramite sedute verbalizzate e le attua a mezzo di delibere amministrative.
Per prima cosa un ordine deve garantire alla collettività che i progetti  siano affidati a professionisti con competenza tecnica ed etica. Questa funzione di pubblica necessità attribuitaci per legge è figlia quindi della forte rilevanza sociale e pubblica, e sì indirettamente politica, che viene attribuita agli architetti. 
Solo da quest’ultima inferenza, e con le premesse citate, gli ordini – e le afferenti fondazioni – assumono iniziative culturali o professionali che valorizzino la risposta che la categoria può dare alla società.
 
Bastava chiedere di cosa avesse discusso nelle scorse settimane il nostro Consiglio, anche sui temi affrontati nell’articolo, e avrei potuto provare a chiarire a te a ai vostri lettori la nostra posizione e, soprattutto, a descrivere le azioni che stiamo  intraprendendo proprio a favore dei temi e del dibattito di cui questo Giornale con impegno solitamente si occupa.
 
Consentimi, in ultimo, di evidenziare come l’insistere pedantemente sulla cesura metodologica tra quanto avvenne negli anni ’80 e ’90 e oggi, pare un tentativo (un po’ nostalgico e maldestro) di destituire l’attuale azione amministrativa che però rischia di  mettere  in pericolo proprio quella ricerca di continuità culturale e professionale che pur faticosamente tanti architetti tra cui gli allievi di quei citati De Carlo, Bona, Piano, e soprattutto Gabrielli stanno portando avanti non con minore impegno.

Paolo A. Raffetto
Presidente Ordine degli Architetti P.P.C. di Genova

*[Inchiesta: indagine o ricerca diretta a ottenere un’esauriente quantità di dati relativi a un fatto o a un fenomeno: i. linguistica, statistica; i. giudiziaria, giornalistica; film-inchiesta.]