In memoria di Manuel Gausa di Nicola Canessa

La notte tra il 22 e il 23 agosto ci ha lasciato Manuel Gausa, architetto catalano, Professore ordinario di Urbanistica – Progettazione e Prospettiva Urbana e Territoriale – che dal 2008 abbiamo avuto la fortuna di avere come docente a Genova, forse non essendo del tutto coscienti del valore della sua presenza all’esterno dell’accademia.

Curioso e vivace intellettuale di respiro internazionale, dall’innata capacità di costruire uno spazio culturale condiviso, di umana e spontanea simpatia, con la rara qualità di una visione aperta in assenza di pregiudizio.  

Cresciuto sull’onda della spinta propulsiva della cultura architettonica della Spagna post franchista, dirige durante gli anni ’90 Quaderns, rivista istituzionale degli Architetti della Catalogna, uno straordinario motore di connessione disciplinare che affonda le radici nelle potenzialità di un contesto locale in rinascita divenendo, in quegli anni, un fondamentale riferimento internazionale. 

La rivista, all’interno di una visione trasversale e innovativa – uno per tutti si ricorda il numero Topografie operative (n.220 del 1998) – rende inscindibile il dibattito culturale sul campo dall’esercizio professionale, fondamentale nella formazione di una coscienza critica di corpo, in allora davvero distante dai nostri orizzonti italiani.

Un suo primo approdo nella nostra città schiva e nascosta, apparentemente distante dalla sua temperie, di cui si è innamorato e nella quale ha scelto di insegnare, è stato in occasione di Genova città della cultura 2004, momento in cui viene intervistato all’interno dell’esposizione +Città sulla rigenerazione urbana in Europa come una delle voci più significative.

Lo ricordiamo attraverso le parole di Nicola Canessa (professore associato in Urbanistica dell’Università di Genova).

Simona Gabrielli – Presidente Fondazione Ordine Architetti di Genova

Manuel Gausa sopra ogni cosa voleva essere “semplicemente” un architetto. Lo voleva essere fin da bambino e diventare come suo nonno, anche lui architetto. Ci teneva molto a questa precisazione perché per molti è stato un teorico, un divulgatore, un editore, un urbanista, un visionario, un aggregatore di persone e traiettorie, ma su tutto questo, o meglio per condensare tutta questa poliedrica condizione, la figura dell’architetto è davvero quella che lo riassume nella maniera migliore.

Conobbi Manuel quando arrivò a Genova, nel 2008, mi ero appena laureato e per strade che necessitano un’altra storia diventai suo assistente e diventò il mio mentore e compagno di viaggio per tutti questi anni. Ricordo bene quella prima mattina, eravamo a Camogli per un workshop organizzato da un amico di mille avventure, Mosè Ricci: entrò negli spazi dell’Istituto Nautico che ci ospitava e con passo rapido e con quell’aria che mischiava timidezza e travolgente energia, parlava in fretta, intrecciando spagnolo, catalano, italiano e francese, o come meglio lo definiva lui “itagnolo” e quando nessuna lingua bastava inventava parole nuove, sempre precise e sempre poetiche. L’ha sempre continuato a fare, era un “neologista patologico”, ma soprattutto un generoso che non amava mettersi mai al centro, ma stimolare gli altri, radunarli attorno a un’idea, un progetto, un sogno. E proprio per questo era inevitabile seguirlo, perché vicino a lui ogni avventura sembrava possibile.

Quando penso a Manuel, la prima immagine che mi viene in mente è realmente il suo modo di parlare. Le idee saltavano sempre da un concetto a un altro, da una parola a un’immagine, da una visione a un progetto, come se la realtà fosse un insieme di tessere da ricombinare continuamente. Quelle tessere per lui erano anche le persone che incontrava lungo il suo cammino. Aveva la capacità, e la generosità, di intercettarle, di raggrupparle, di condensarle, di metterle in relazione e farle funzionare insieme anche quando sembrava impossibile. Spesso abbandonava l’avventura quando la vedeva pronta ad andare con le sue gambe, lasciando agli altri la possibilità di procedere da soli, dedicandosi ad un’altra avventura.

Nato a Barcellona il 14 marzo 1959, da padre fotografo e madre attrice in una città che ancora non si stava preparando a diventare laboratorio culturale di una nuova epoca. Si formò, dopo il liceo francese, alla UPC – Universitat Politecnica di Catalunya, dove si laureò in architettura nel 1983. Per lui l’architettura era scienza e filosofia, matematica e letteratura, progetto e innovazione. Non sopportava le barriere disciplinari, voleva attraversarle tutte, non per arroganza o disprezzo, ma per curiosità e apertura di nuovi campi d’azione. Non a caso il titolo della sua tesi di dottorato, conseguita nel 2005, è Open: espacio, tiempo, información, un manifesto ad una nuova logica aperta, permeabile e complessa per l’architettura e la città.

Alla ETSAB – UPC è stato professore di Progettazione dal 1994 e successivamente di Teoria Architettonica e Design al Corso di Laurea in Architettura della UIC che aiutò a fondare e dirigere, oltre a molte altre docenze a contratto in diversi atenei internazionali (Elisava-Barcelona, Facoltà di Architettura di Nancy, Facoltà di Architettura di Montpellier, Facoltà di Architettura di Ferrara, Iuav di Venezia, Politecnico di Milano, Facoltà di Lisbona, Facoltà di Architettura di Stoccarda, ESAA- UEM–Escuela Superior de Arquitectura de la Universidad Europea de Madrid, ETSAM-UPM Escuela Superior de Arquitectura de la Universidad Politecnica de Madrid, Università LAU Americana al Libano, Byblos, Saint Louis Facoltà di Architettura, Università-Ritsumeikan a Kyoto, University di Seoul, Facoltà di Architettura di Montevideo, ecc.).

Negli anni Novanta, come ricordava Simona Gabrielli, cominciò a scrivere un capitolo fondamentale della sua vita. Vinse attraverso un concorso la direzione di Quaderns d’Arquitectura i Urbanisme, dal 1991 al 2000, precedentemente condotta da Josep Lluís Mateo e di cui faceva parte della redazione. Sotto la sua guida la rivista diventò un ponte internazionale, portando in Spagna le idee innovative di moltissimi giovani architetti internazionali e esportando un nuovo modello di fare editoria nel settore dell’architettura. Portò dentro giovani critici, architetti emergenti, pensatori da altri campi. Non voleva mai un monologo, preferiva la polifonia, il conflitto costruttivo, la molteplicità. Per lui, una rivista doveva essere un’avventura corale, una piazza, una compagnia di amici che si confrontavano. Pubblicò per la prima volta, selezionandoli personalmente, molti giovani studi internazionali che oggi sono punti di riferimento del panorama architettonico mondiale.

Nel 1994 fondò con Ramon Prat la casa editrice Actar, che in quel periodo non era solo una casa editrice, ma un equipaggio. Si pubblicavano libri che erano manifesti generazionali, si inventavano formati come il boogazine Verb, che diventò subito un oggetto di culto. Non c’era praticamente mai un autore solitario, ogni volume era una costruzione collettiva. Con Actar uscirono anche molti dei suoi libri più conosciuti come “Housing: nuevas alternativas, nuevos sistemas”, il “Diccionario Metápolis de Arquitectura Avanzada” del 2003, che fu definito la “nuova bibbia dell’architettura” e che è ancora uno dei libri più venduti in latinoamericana, “HiperCatalunya”, “Barcelona: guía de arquitectura moderna” e, più tardi, “Open”, il bignami di 1000 pagine della sua tesi dottorale. Con Actar si trasformò il modo in cui in Spagna e nel mondo si scriveva, si pensava e si condivideva l’architettura nei primi anni 2000 e Manuel appoggio sempre le trasformazioni della casa editrice fino alla nascita della piattaforma urbanNext.

Sempre nel 1994 fondò lo studio professionale ACTAR Arquitectura con Ignasi Pérez Arnal, Oleguer Gelpí, Marc Aureli Santos e Florence Raveau. Un laboratorio collettivo, non c’era un leader, c’era un gruppo con progetti condivisi che spaziavano tra le scale dell’architettura, il territorio e il paesaggio. In quegli anni Manuel ricevette anche la Medaglia dell’Académie d’Architecture di Francia (2000), riconoscimento prestigioso che però considerava solo un segno di un’avventura collettiva, non un trofeo personale.

In quegli stessi anni prese vita il gruppo Metapolis, di cui fu presidente, con Vicente Guallart, Willy Müller, Federico Soriano e altri. Era una spedizione intellettuale che cercava di leggere la città come sistema informazionale, fluido, complesso. Dal gruppo nacque l’IAAC, Institut d’Arquitectura Avançada de Catalunya, che Manuel co-fondò e di cui fu Dean tra il 2012 e il 2015. Lì le idee di una parte del gruppo Metapolis si fecero laboratorio concreto, incentrato sull’architettura avanzata, sulla robotica, materiali riciclati, biogenetica, nuove forme urbane, ma soprattutto nuove idee sempre in evoluzione.

Nel 2004, insieme a Florence Raveau, fondò lo studio Gausa+Raveau actarquitectura e insieme realizzarono progetti in Spagna e Francia, come le torri miste di Parigi alla ZAC Clichy-Batignolles e le Wood Houses di Nantes, oltre ai molti piani strategici e visioni urbane.

Dal 2004 al 2012 ha avuto anche diversi incarichi istituzionali in Spagna, come Membro del Consell Consultiu de l’Hàbitat Urbà del Comune di Barcellona, Vicepresidente del CADS (Consell Asessor per el Desenvolupament Sostenible de la Generalitat de Catalunya) e Co-commissario del Padiglione della Spagna nella II° Biennale di Architettura di Rotterdam.

Nel 2006 fondò con Luis Falcón e Silvia Banchiniil Master Intelligent Coast, che esplorava il futuro dei litorali mediterranei sotto la pressione del turismo e delle infrastrutture. Anche in quell’occasione mise insieme studenti, ricercatori e professionisti in una azione corale. Da lì nacquero progetti e mostre come Dream Cities, Multiramblas e BCN 6T.

Quando arrivò a Genova, nel 2008, portava con sé tutta questa esperienza e la sua inesauribile energia. Qui arrivò come professore associato prima di Composizione Architettonica e Urbana, poi divenne ordinario in Paesaggio nel 2015 e infine ordinario in Urbanistica nel 2017. Per UniGe è stato fino al 2014 Direttore della Scuola di Dottorato in Architettura e Design e successivamente Coordinatore del Corso di Dottorato in Architettura e Design – ADD fino al 2023. Da poco era entrato nel CIELI – Centro Italiano di Eccellenza sulla Logistica i trasporti e le Infrastrutture.

Ma il cuore del suo lavoro a Genova fu l’istituzione nel 2010 del GIC.lab – (Genova Intelligent Cities, Informational Contexts, International Courses, Interactive Collectivities) e che oggi co-dirigevamo insieme, con il coordinamento inestimabile di Giorgia Tucci. In questo laboratorio sono passati moltissimi studenti che sono diventati ricercatori con noi su moltissime tematiche di indagine, ma soprattutto si sono susseguiti colleghi come, Elisa Cagelli, Sabrina Leone, Paolo Capuano, Emanuela Nan, Emanuele Sommariva, Paola Sabbion, Gianluca Porcile, Alessia Ronco Milanaccio, Matilde Pitanti, Francesca Vercellino, Chiara Centanaro, Chiara Maresca e molti altri, che anche quando hanno cambiato strada sono rimasti vincolati a Manuel.  Il GIC.lab è un laboratorio che resterà attivo, così come restano attivi molti dei contenitori di aggregazione creati da Manuel. In questi quindici anni si è occupato di ricerca trasversale con l’obiettivo teorico – e come ambito specifico d’interesse progettuale – della comprensione e l’interpretazione dello spazio urbano, architettonico e paesaggistico contemporaneo, inteso come scenario complesso e relazionale e il suo rapporto con le attuali condizioni di simultaneità, complessità e diversità informazionali. Più in generale nello studio della n-città (o multi-città), esplorando e integrando la complessità, celebrando e articolando la diversità, favorendo e impulsando nel progetto un’interazione positiva tra scale e livelli, dati e processi, programmi ed usi, contesti e realtà, anche attraverso nuovi spazi – nuovi scenari – trasversali (territoriali, urbani, paesaggistici, architettonici e sociali) in sintonia con una nuova logica relazionale (aperta) ed informazionale (avanzata).

Tutto questo è stato fatto tramite progetti di prospettiva urbana in molte città, tra cui Barcellona (BCN Multi-String Central Park, LLobregat agro-Parks), Parigi (Paris Sud-Ouest, Alfortville, ville de villes), Seoul (Civic Seoul, Seoul Superground) e Odessa (Odessa Relaunched, Green Rings Odessa) e Genova (Foce/ Eixample, Total-Goa, Goa-Mount, Crossland-Valpolcevera), e principalmente attraverso molte ricerche finanziate con un grande lavoro di squadra insieme ad altre unità nazionali ed internazionali come avvenuto per gli Atlanti Med.Net con Mosè Ricci, Pino Scaglione, Michelangelo Russo, Maurizio Carta, Jörg Schröder, Elodie Nourrigat, Carmen Andriani, Raffaella Fagnoni, Maria Linda Falcidieno, Adriana Ghersi e molti altri. E successivamente con le ricerche Re-Cycle Italy, AC+ Agrocities, Knowledge Alliance for Advanced Urbanism, Mobiquity, e Recitying. A volte le ricerche hanno spaziato in campi di azione diversi o tangenziali, legati all’arte, al design, all’innovazione tecnologica, lavorando a stretto contatto con Benedetta Spadolini, Niccolò Casiddu, Paola Dameri, Silvia Pericu e Chiara Olivastri, come nelle ricerche Creative Food Cycle, Circular Innovative Design e l’ecosistema dell’innovazione RAISE.

Ogni progetto e ogni ricerca era un’officina di idee e Manuel radunava studenti e ricercatori, li provocava, li spingeva ad osare. Mai come altrove il suo ruolo di stimolatore si manifestò così chiaramente come nelle attività presso il Dipartimento di Architettura e Design dell’Università di Genova e nel suo speciale rapporto con tutti i suoi studenti.

Se ripenso a tutto questo, non vedo solo la sua straordinaria carriera, ma la grande avventura di molti gruppi di amici che ha saputo raccogliere intorno a lui e che porteranno avanti inevitabilmente il suo modo contagioso di fare ricerca, progetto e avventura.  Manuel è stato il nostro stimolatore, il compagno che teneva insieme le energie. Come nei Tre moschettieri, è stato colui che raccoglieva attorno a sé la compagnia, che dava la visione, che ci spingeva in avanti col progetto, che rideva con noi mentre inventava nuove parole.

La sua assenza fa male, ma la sua eredità deve essere gioiosa. Non vive solo nei libri che ha costruito o nei progetti che ha reso possibili, ma negli studenti che ha guidato, nelle avventure che ha condiviso e in quelle che porteremo avanti per lui.

Nicola Valentino Canessa – Professore Associato in Urbanistica Università di Genova – Dipartimento Architettura Design