La proposta di un tavolo di lavoro tra Ordine Architetti e Istituzioni.
L’intervento del Presidente della Fondazione Ordine Architetti Benedetto Besio.
“Morandi, far presto ma non in fretta”
Questo ha raccomandato Renzo Piano agli amministratori genovesi e liguri nel presentare la propria suggestione per il nuovo ponte sulla Val Polcevera.
Ancora una volta il più noto degli architetti genovesi – e non solo – ha messo a fuoco in un attimo un’immagine che fino ad allora appariva sfarfallante come la molteplicità di voci che si succedevano sul prima e sul dopo del crollo del ponte Morandi.
Con la sua indiscussa autorevolezza ha indicato la necessità dei tempi “giusti”: quelli che consentono di ragionare e di evitare decisioni avventate o, in qualche caso, interessate.
E se la rapidità è assolutamente necessaria per la ricostruzione del ponte – vista la complessità e generalità di problemi che quasi tutti, cittadini e aziende, soffrono in città – ugualmente indispensabile è la riflessione sulle aree sottostanti al ponte che dovranno forzatamente subire un intervento di generale rinnovo urbano; dovranno essere messi in discussione con lungimiranza gli utilizzi possibili e si dovrà cogliere l’occasione, qualunque essi siano, di una operazione di rigenerazione di quella parte di città, che era necessaria anche prima del disastro del 14 agosto.
Qui i tempi consentiranno certamente operazioni più meditate; quella zona dovrà diventare un pezzo di città, e non solo una zona industriale di vecchio stampo, quelle in cui alla produzione di sacrificava quasi tutto, compreso l’equilibrio ambientale: probabilmente immaginando la convivenza equilibrata di verde, residenze, attività commerciali e produttive, come è avvenuto in moltissimi casi virtuosi in tutta Europa.
Per il nuovo ponte Renzo Piano ha portato un esempio concreto e intelligente – immediato – di approccio al tema; lo schema progettuale indica in sostanza non un complicato ponte sperimentale, che pure sarebbe stato nelle sue capacità, ma un nastro stradale molto semplice – fattibile anche in tempi rapidi – che però non dimentica il valore simbolico: quel manufatto dovrà rappresentare l’identità culturale genovese di oggi, nel senso più ampio possibile, non disgiunta dalla necessità di ricordare il trauma subito.
Si tratta di uno schema che come ha detto lo stesso Piano dovrà essere sviluppato dagli specialisti; a questi è però stata indicata la strada maestra, cara a tutti gli architetti: progettare con attenzione a tutti i valori in campo, facendone la sintesi, e non limitandosi a risolvere un mero quesito funzionale o a compiere uno sterile virtuosismo formale.
Credo che in questo Piano abbia fornito, più che un progetto definito, una fondamentale consulenza al committente, e mi auguro che questa sia recepita in tutte le sue valenze, ricordando che Genova si specchierà inevitabilmente nel nuovo ponte.
Occorre quindi che Genova si rialzi molto presto, ma sempre portando lo sguardo in avanti, pensando con i tempi propri di una città e delle generazioni future.
Anche per l’area sottostante Piano ha dato indicazioni chiare sulla grande opportunità che nasce dalla tragedia vissuta: la possibilità di pensare un progetto di respiro che possa ottenere attenzione – e finanziamenti – anche a scala extracittadina.
Qui il lavoro, come detto, ha scadenze un po’ meno pressanti, e Piano ha infatti indicato la necessità di un processo di partecipazione ed elaborazione progettuale che coinvolga le migliori forze a disposizione, cittadine e non solo, percorrendo la strada dei concorsi di progettazione.
La Fondazione dell’Ordine degli Architetti appoggia senza riserve la strategia indicata (condivisa dall’Ordine stesso e dal Consiglio Nazionale degli Architetti) e avanza una proposta: creare un tavolo di lavoro composto da rappresentanti di Ordine degli Architetti e sua Fondazione e Consiglio Nazionale degli Architetti – con la supervisione generale di Renzo Piano – che possa costituire supporto alle istituzioni preposte alle decisioni: Regione Liguria, Comune di Genova.
Il tavolo di lavoro dovrebbe collaborare alla definizione di un quadro generale di riferimento per lo sviluppo futuro dell’area, e all’interno di quello individuare più temi progettuali da mettere a concorso, con modalità a due fasi (proposte e sviluppo esecutivo) come avviene in tutta Europa; ma a una condizione: che ai concorsi seguano con certezza le realizzazioni.
Solo così riteniamo si potranno mettere a frutto i preziosi suggerimenti di Renzo Piano: ponendo a confronto davvero le migliori idee e energie a disposizione.
Anche su questo confidiamo che la sua parola venga ascoltata.
Benedetto Besio
Presidente Fondazione Ordine degli Architetti di Genova
L’intervento è stato pubblicato su IL SECOLO XIX del 30 agosto 2018 a pag. 25